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    Antologia della critica    
    Presentazione al catalogo, personale alla galleria Artecasa, Pisa 1983

Paolo Lapi espone qui il frutto più recente del suo lungo lavoro di ricerca. Macchine perverse corrose da rosse grafiche allusive cedettero il passo a più idilliche e stralunate figure di donne, per giungere poi a queste realistiche visioni di paesaggi e nature morte (realistiche ma non naturalistiche e semplicemente descrittive), dense di una loro unitarietà e coerenza che accompagnano l'artista dalla fase dell'ideazione a quella breve dell'esecuzione. Ma il passaggio non è stato solo di tematiche o di stile, ma di affinamento esistenziale, di profondità di analisi e di studio. Non è più cercata l'apparenza del modello o il solo risvolto esteriore di una situazione emotiva, bensì il connubio autentico che nasce dall'immedesimazione con l'elemento naturale inteso come parte di un tutto umano ed entro cui l'artista sa penetrare fulmineamente una luce notturna, cogliere la poesia di una casa alta sulla collina volterrana, il mistero di un groviglio di fiori. Tutto è molto semplice su questi cartoni bruciati dal segno veloce della tempera, la quale consente appunto passaggi e lampeggiamenti e opacità densi di umori e allusioni, ma leggeri nel contesto coloristico fresco e vivace: perché è il colore che qui emerge e guida il lettore a penetrare nei verdi chiari o negli azzurri profondi, ogni aspetto naturale nascendo per ispirazione rapida e scioltezza di esecuzione. Lapi sembra talvolta aver bisogno di evitare la ponderazione logica che presiede e accompagna la stesura del dipinto per potersi abbandonare alla libera germinazione dei verdi - giocando sulla loro vasta gamma - e per servirsene quasi graficamente in un'esplosione incontenibile di narrazione lirica che sembra trovare nella tempera il suo più congeniale strumento espressivo. Oggi Lapi - come dicevo all'inizio - opera su dimensioni diverse, diverse per registro, per tematiche, per impegno. La meditazione ha affilato l'autocritica - come rigore, severità - la quale sta assumendo un ruolo predominante e di controllo, dopo tanti confronti e chiarimenti critici, al punto da poter presentare nel suo studio centinaia di cartoni tutti di ottima qualità, evidentemente decantati non a posteriori ma in itinere, cioè durante l'invenzione del dipinto. Siamo davanti ad una pagina nuova. Abbandonati i pretesti che - secondo Lapi - dovevano servire a dare un taglio concettuale e politico alle opere (gli ingranaggi, le grafie contorte, la paura del tecnicismo), il ventaglio delle tematiche sembra aver perduto in quantità, ma è cresciuta la qualità e l'intensità espressiva laddove l'artista inventa equilibri coloristici nuovi nel quadro di una natura visitata con ben diversa attenzione. Gli antichi "mostri" e i "carri di guerra" segnarono un epoca d disperazione (e lo era meno dell'attuale), ora ha il sopravvento una più quieta poesia cromatica (e l'epoca si è fatta più triste di allora), quasi a contraddire le situazioni storiche, a ricordarci che l'artista risponde con la denunzia o la contemplazione a seconda delle situazioni che egli interiormente vive. Ai "mostri" pubblici fa ora da contrappunto una ritrovata serenità privata, che evita però il banale e il grazioso per caricare di significati spontanei questi fogli che è giusto definire belli ed eleganti. Si tratta di un "segnale" nuovo, di una strada più personale ricca di prospettive. Erbe, fiori, paesaggi: è il linguaggio usato che fa di questi elementi i simboli di una ricerca autentica, certamente superiore a quella precedente.

Dino Carlesi
   
   
Per informazioni inviate una email a info@paololapi.it