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    Antologia della critica    
    Presentazione al catalogo, personale al Circolo Amatori Arti Figurative, Empoli 1993
Nel 1986 mi incontrai per la prima volta con la pittura di Paolo Lapi, presentatomi dal comune amico Dino Carlesi che già si era occupato di lui. Mi fece subito impressione il suo entusiasmo, mi colpirono i suoi slanci che vedevo riflessi nei quadri improntati a una gestualità insistita e talora quasi furente quanto in realtà molto ben dominata e coordinata, sia che l'autore volesse creare trame continue, sia che privilegiasse l'emergenza di alcuni elementi compositivi. Scrivendone, allora, sottolineavo l'indipendenza dell'artista, reattivo a ogni compromesso con le vicende confuse e turbinose degli ultimi anni, anche se ben informato e attento allo svolgersi del dibattito culturale. Semmai avrei dovuto segnare, allora, I'ascendenza di Sutherland, che oggi mi sembra indubitabile: fonte, questa, di alto lignaggio, che Lapi assume in piena libertà. Il tratto saliente della sua espressione era, e rimane, il colore, inteso come policromia, come accostamento di timbri reciprocamente esaltati, di diverso peso e valore. Dove mai si sono visti questi colori in natura?, anche nella natura più lussureggiante, ricca e fastosa. Eppure in Lapi la natura non era disattesa, nel senso che nei suoi quadri si riconoscevano tralci, siepi (il suo tema più ricorrente) fiori, colline, case. Si riconosceva specialmente l'erompere della vitalità del creato, e dunque un modo di partecipazione piena e direi sensuale al risorgere perenne di ogni identità del mondo terrestre. È più che plausibile ritenere che Lapi abbia ammirato i Fauves e il loro messaggio di trasgressione - uno scandalo! - agli inizi del secolo. Ed è anche più che plausibile che abbia considerato la lezione dei Fauves come riattualizzabile dopo ottant'anni, in un clima profondamente diverso, con alle spalle molte altre importanti e rivoluzionarie esperienze. Ivi compresa, naturalmente, quella informale, che ha inciso profondamente anche su tanti artisti che informali non si possono considerare. Ora, proprio la più recente attività del nostro autore ce lo ripropone m una versione nuova, che tuttavia non contraddice quanto di lui si conosceva verso la metà degli anni ottanta. Si è svolto un processo di denaturalizzazione, ricusando Lapi di riferirsi alle, morfologie esterne che del resto costituivano un supporto entro certi limiti, come dicevo, riconoscibile, ma in alcun modo non vincolante. Esistono peraltro nella vita di ogni artista motivazioni e moventi d'ordine etico e psicologico, che sfuggono a una spiegazione razionale. Si determinano nel tempo fenomeni d'usura e d'incompatibilità che sono da porre in rapporto anche col divenire della persona, col mutare della sua sensibilità e del suo gusto. Così Lapi ha ritenuto che la sua pittura potesse svolgersi e svilupparsi oltre la figuralità, bastandogli la fantasia per attingere nuove forme. E in effetti i risultati gli  danno ragione, quanto meno nel senso che i nuovi impulsi e fermenti si manifestano senza ombra di costrizione e di reticenza. La conseguenza cruciale dell'odierno percorso è l'unificazione compositiva che si fonda sull'equivalenza delle parti, e sull'estensione di una intelaiatura strutturale che occupa variamente la superficie. Entro questo impianto Lapi gestualizza molto liberamente la pennellata con un fare sincopato che non si fissa mai in una  misura costante: l'attenzione e continuamente sollecitata da variazioni di ritmo che si ripetono un po' per ogni dove. Ancora una volta egli si rivela colorista di razza; ancora una volta fa esplodere i suoi rossi, gialli, blu, verdi che solo talora si smorzano in nuances più indefinite. La sua mi sembra una visione che prescinde dal contingente, e che specchia quella particolare forma di privacy che da tempo Paolo Lapi coltiva, quasi a garanzia della propria libertà, confortata da riflessioni e pensieri che tornano sempre sui problemi del fare, con una continuità che è quasi un assillo.

Pier Carlo Santini
   
   
Per informazioni inviate una email a info@paololapi.it